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IL CULTO AI SETTE ARCANGELI
TRA TEOLOGIA E DEVOZIONE
Antonio Norrito
Tre sono i nomi di arcangeli che la Bibbia ci
fornisce: Raffaele dal Libro di Tobia 15, 15; Michele dal libro di Daniele
10,13.21; 12,1; Gabriele dal libro di Daniele 8,16; 9,21 e dal Vangelo
di Luca 1,19. Ma appena si approfondisce la lettura del testo biblico
si scopre che il numero degli arcangeli citati non è tre, come
si pensa di solito, ma se ne contano sette, così come si evince
dal libro di Tobia
12,15: Io sono Raffaele, uno dei sette santi angeli, che portano lassù
le preghiere dei santi e sono ammessi davanti alla gloria del Santo”.
Nel libro del profeta Zaccaria si legge che, avendo egli chiesto all’angelo
che gli parlava cosa significassero le sette lucerne del candelabro
d’oro che gli era apparso, questa fosse stata la risposta dell’angelo:
“Le sette lucerne rappresentano gli occhi del Signore che osservano
tutta la terra. Nel Nuovo Testamento la lista dei sette arcangeli non
cambia, questi arcangeli sono chiamati ora
angeli, ora spiriti, ora sette fiaccole, come è stato ribadito
dall’autore del libro dell’Apocalisse. Si legge in Ap 1,
4: “Io Giovanni, vi auguro grazia e pace da parte di Dio, che
era, che è e che viene, e dei sette spiriti che stanno davanti
al suo trono; in Ap 4, 5 si legge: “Sette fiaccole accese, simbolo
dei sette spiriti di Dio, ardevano davanti al trono..”; in Ap
5,6: “Allora, fra il cerchio degli anziani e il trono con i quattro
essere viventi, vidi un Agnello che sembrava sgozzato, ma stava ritto
in piedi. Egli aveva sette corna, e sette occhi che rappresentavano
i sette spiriti di Dio che sono stati mandati nel mondo.” . Quindi
l’azione dei sette arcangeli è importantissima come mediazione
tra Dio e gli uomini, come protezione della Chiesa di Dio e come luce
per i credenti per gli ultimi tempi tribolati dall’azione satanica
e malefica. Ora una esegesi seria dei testi biblici menzionati dovrebbe
portare alla conclusione che mancano al
culto degli arcangeli ben quattro arcangeli, visto che il 29 settembre
si festeggiano solo Michele, Raffaele e Gabriele, ignorando gli altri
quattro Principi angelici. Ma se nella Bibbia non sono citati i nomi
dei quattro arcangeli mancanti che cosa dice l’altra fonte della
Rivelazione che è la Sacra Tradizione? Ebbene, nonostante la
sistematica eliminazione degli scritti cristiani ad opera dei persecutori
pagani, la distruzione di tante antichissime chiese nei paesi, un tempo
cristiani, nell’Africa settentrionale e nel Medio Oriente, convertiti
all’Islamismo e la sistematica distruzione di immagini sacre nei
paesi dell’Impero di Costantinopoli, ad opera degli eretici iconoclasti,
abbiamo ricevuto dalla tradizione l’altro nome di uno dei quattro
arcangeli mancanti: Uriele, su cui concordano insieme Sant’Isidoro
di Siviglia, San Beda il Venerabile, la liturgia Mozarabica, un tempo
largamente diffusa in Spagna ed ora circoscritta ad alcune chiese di
Toledo, e quella Etiopica che pure invoca tutti e Sette i primi Angeli.
Uriele, il cui nome è interpretato come “Fuoco di Dio”,
è raffigurato anche nella cupola della Cappella Palatina di Palermo
ed in quella della Basilica di Sant’Antonio a Padova. Ma proprio
a Palermo nel 1516 furono scoperte le immagini dei Sette Principi Celesti
con i loro sette nomi ed i loro attributi. Mentre il pio sacerdote Antonio
Lo Duca, nativo di Cefalù, insegnava canto ai chierici della
Cattedrale di Palermo nell’antichissima chiesina di S. Angelo,
che sorgeva accanto alla Cattedrale, dove ora è la piazza dei
Sette Angeli, il Vicario generale, Mons. Tommaso Belloroso, notò
delle
tracce di antichissimi affreschi sulle pareti. Ripuliti e schiariti
con olio, gli affreschi apparvero in tutta la loro antica bellezza.
Le immagini erano disposte su tre ordini. Nel primo erano raffigurate
la creazione del mondo e degli Angeli, poi Lucifero, ancora in stato
di grazia e San Michele davanti al trono di Dio. Nel secondo la vittoria
di San Michele su Lucifero, la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso,
Abramo in ginocchio davanti ai tre Angeli e poi in atto di servire loro
un banchetto. Nel terzo i Sette Angeli Principi con i loro nomi e con
i loro simboli. Al centro Michele, il Vittorioso, in atto di calpestare
il dragone. Da un lato, in ordine: Gabriele, Nunzio, con specchio di
diaspro e fiaccola, Barachiele, che viene in aiuto, con rose da distribuire;
Uriele , forte Compagno, con spada e fiamma. Dall’altro lato:
Raffaele, Medico che guida Tobia e porta un vaso di medicinali; Geudiele,
Rimuneratore, con una corona e una flagello; Sealtiele, Orante, raccolto
in preghiera. Il ritrovamento di queste sacre immagini destò
una grande devozione ai Sette Principi Celesti, la nobiltà di
Palermo si riunì in una Confraternita dei Sette Angeli, che fu
detta Imperiale, perché volle iscriversi lo stesso Imperatore
Carlo V, la chiesina fu riaperta al culto ed il sacerdote Antonio Lo
Duca ne divenne Rettore. Nel 1527 egli stesso venne a Roma per promuovervi
e diffondervi il culto dei Santi Arcangeli ed ivi apprese dal Pio Cardinale
Antonio dal Monte che il Beato Amedeo
Menezes De Sylva, chiamato a Roma da Sisto IV nel 1471, nel suo libro
Apocalipsis Nova, aveva riportato i nomi e gli uffici dei sette Principi
del Cielo, proprio come erano stati ritrovati nell’antico affresco
di Palermo. Divenuto cappellano del Cardinal Dal Monte, Antonio Lo Duca
fu da lui incaricato, insieme ad un altro sacerdote Girolamo Maccabeo,
di Comporre la Messa e l’Ufficio dei
Sette angeli Principi. Dopo la scoperta dei sette arcangeli nella chiesina
di Palermo in tante chiese si presta la venerazione ai sette Principi
Celesti. Infatti Sette Angeli con lo scettro, secondo la più
antica tradizione bizantina dell’iconografia angelica, erano tra
le figurazioni in mosaico che rivestivano la volta dell’altar
maggiore in S. Marco a Venezia nel 1543, da cui fu ritratto il quadro
della Vergine con i Sette Angeli, che vediamo in Santa Maria degli Angeli
in Roma. Antonino Mongitore, che stampò nel 1726 a Palermo il
suo libro “Il monastero dei Sette Angeli”, rifà la
storia delle sette immagini di angeli con i loro nomi, venute alla luce
a Palermo nel 1516 nella Chiesina di S. Angelo e della copia di esse
esistenti nel quadro che vediamo tuttora nella Cattedrale di Palermo.
A Vasto, provincia di Chieti, nella chiesa parrocchiale di S. Michele
figurano i Sette Arcangeli con Uriele, Barachiele, Sealtiele, Geudiele
e i più noti Gabriele e Raffaele. In S. Cecilia in Trastevere
a Roma, un affresco del XIII secolo rappresenta il Salvatore in trono
contornato da sette Angeli con ai lati la Vergine e S. Giovanni Battista.
Ad Assisi in S. Maria degli Angeli, nella Annunciazione, sono raffigurati
in
alto, secondo il noto schema bizantineggiante, l’Eterno Padre
tra sei angeli, di cui il settimo, Gabriele, in ginocchio dinanzi alla
Vergine.
Un’altra scoperta diede un forte impulso alla devozione dei sette
Arcangeli. Verso la fine del 1600 nella Biblioteca Vaticana venne ritrovato
un antichissimo codice ebraico in cui oltre agli Arcangeli Michele,
Gabriele, Raffaele venivano nominati Uriele, Sealtiele, Geudiele e Barachiele.
Gli stessi Padri della Chiesa confermano il culto ai sette Arcangeli,
persino Sant’Ambrogio era molto devoto all’arcangelo Uriele.
Ma oltre alla fondazione biblica del culto dei Sette Arcangeli, alla
tradizione ebraico-cristiana che si rifaceva al culto dei sette arcangeli,
alle testimonianze dei Padri della Chiesa, ai vari luoghi di culto sparsi
per tutta l’Italia che si rifanno alla venerazione dei Sette Arcangeli
nostri mediatori presso Dio, possiamo anche contare su alcune visioni
soprannaturali proprio del sacerdote che più di tutti nel mondo
ha diffuso il culto ai Sette Arcangeli, il sacerdote Antonio Lo Duca.
Mentre era a Roma, stremato dai rifiuti avuti per la costruzione della
Chiesa in onore ai sette arcangeli presso le Terme di Diocleziano ecco
che in un mattino d’estate del 1541 nella stessa chiesa di S.
Maria di Loreto dove si trovava come Cappellano ebbe una straordinaria
visione. Quel
mattino Antonio Lo Duca si svegliò e d’improvviso vide
“una luce più che bianca” che partiva dalla sala
centrale delle Terme di Diocleziano, o meglio dalle rovine di queste.
In mezzo a quella luce era l’immagine di S. Saturnino, martire
legato alla storia della costruzione delle Terme insieme ai santi diaconi
Ciriaco, Largo, Smaragdo, Sisinnio, il ricco patrizio Trasone, anche
lui martire, che insieme a S. Marcello, papa e martire, formano i sette
martiri più eminenti tra i condannati alla costruzione delle
immense Terme. Quella luce che indicava il luogo sacro per il ricordo
dei martiri che l’avevano costruito, rivelò ad Antonio
che era lì il posto dove doveva sorgere il grande tempio dedicato
ai sette Angeli. Antonio disse la S. Messa e ancora sotto l’impressione
della visione, corse
poco dopo alle Terme, trovando l’ambiente centrale ancora ben
conservato così come gli era apparso nella visione, e da quel
momento egli non esiterà più a prodigarsi con ogni sua
facoltà per promuovere un grande tempio alle Terme. Racconta
la visione avuta al cardinale di S. Marcello, il teologo Dionisio Laurerio
e al segretario Bartolomeo Saluzio, il quale ultimo l’aiuta a
scrivere i nomi dei Sette Angeli sulle colonne della grande gallerie
centrale delle Terme, allora del tutto aperta ai lati. Nel 1555 Antonio
avrà un’altra visione significativa:”Alli 17 dicembre
1555, nella Chiesa di S. Maria di Loreto nella Cappella del Crocifisso,
dove ho posto la tavola della Vergine Maria con li sette Angioli Custodi
io dissi la Messa di essi Sette Arcangioli pregando Iddio che mi concedesse
l’aiuto dei suoi santi Angiolini per mettere in effetto la Chiesa
di essi nelle Terme di Diocleziano. Finita la messa e detto il Placet
tibi Sancta Trinitas ecc. baciato l’altare mi drizzai per dare
la benedizione al popolo; sentivo da tutte le vene del corpo il sangue
andar in alto insino alla testa e credendomi che fusse stato il sangue,
nondimeno per gli effetti era l’anima la quale uscì dal
vertice della testa; in quell’istante guardai giù e viddi
che io stavo sopra il cielo del proprio colore azzurro e vedendomi tanto
in alto ebbi paura, ero stato, ero vestito delli miei vestimenti perché
il corpo stava sopra l’altare vestito delli paramenti della messa,
ma riconoscevo che ero io di circa 25 anni; fuore una turba di uomini
accompagnata e mescolata d’Angeli con le mani ninnanti et con
allegrezza dicendo. Buona nova già è stato decretato dalla
SS. Trinità consacrata; donde uscivano era di cornice di fuoco,
quadrata, come la porta di Concistoro di Palazzo, l’angelo più
appresso era l’Arcangelo URIELE, io lo conobbi perché si
rassomigliava a uno che io avea fatto dipingere di
forma rossa li tempi passati; un uomo bellissimo molto mi guardava,
credo che fosse stato l’Architetto di dette Terme. Rientrata l’anima,
mi voltai come se avessi risuscitato. Io stupito di tanta visione, feci
la benedittione, andando al corno sinistro dell’Altare, detto
il Vangelo di S. Giovanni, tornai alla Sacristia con gran’allegrezza,
fu tanta la prestezza che nessuno degli auditori della Messa sen ne
accorse”. Questa visione profetica doveva avverarsi soltanto cinque
anni dopo, nel 1560, sotto Pio IV, Angelo Medici (1559-1566). Si racconta
che, essendosi recato il papa a vedere i lavori di Porta Pia, al ritorno
incontrasse il sacerdote siciliano che già conosceva, il quale
non mancò di rinnovare la preghiera di consacrare le Terme con
l’erezione di una nuova chiesa. Sta di fatto che il 27 luglio
1561 Pio IV emanava una bolla con la quale stabiliva che sorgesse nelle
Terme una chiesa intitolata a S. Maria degli Angeli e concedeva l’officiatura
di essa ai Certosini di Santa Croce in Gerusalemme; il 5 agosto successivo
si poneva in forma solenne la prima pietra del nuovo edificio. Ma il
sacerdote Antonio Lo Duca non si fermò solo alla costruzione
di un tempio dedicato ai sette arcangeli, ma si prodigò perché
il culto si diffondesse anche con una Messa e un Ufficio ai Sette Arcangeli.
Nella compilazione della Messa e Ufficio dei Sette Angeli, Antonio Lo
Duca e Girolamo Maccabei si attennero a quei riferimenti nella S. Scrittura
che ricordavano in modo particolare i sette Principi Celesti e particolarmente
le sette luci del candelabro aureo di Mosè (Numeri 8) che Antonio
interpretava come luce dell’azione e protezione dei Sette Angeli
nella Chiesa Universale. Si era nel 1533 e già si lavorava per
la preparazione del grande Concilio di Trento; il Card. Del Monte, signore
di Antonio, ne era uno dei più attivi assertori fin dal 1524
e così pure il suo amico Card. Alessandro Farnese che divenuto
Papa Paolo III avrebbe aperto tale Concilio nel 1545. Antonio aveva
piena fiducia riguarda questo evento, nella azione soprannaturale dei
sette eccelsi Principi degli Angeli astanti al Trono di Dio. Del pari
sperava che <<come detto candelabro fu mirabile in Gerusalemme
capo del Vecchio Testamento, così in Roma, capo del nuovo, di
doueva fare una chiesa mirabile dei Sette Angeli et come le sette lucerne
furon collocate sopra detto candeliero per Aaron somme dei Giudei Sacerdote,
così le sette immagini dei sette Principi degli Angeli, figurate
dalle sette lucerne, doueuano essere esaltate per mano del Sommo Sacerdote
dei Cristiani>> ma aggiunse anche che: <<non speraua che
nelli tempi nostri si douesse fare tale mirabil cosa>>.
Il libretto con le orazioni e le immagini dei Sette Angeli fu da lui
fatto stampare a Venezia nel 1543 per la prima volta, poi a Roma nel
1555, ancora a Napoli fu stampato nel 1594 e nel 1604. La devozione
ai sette arcangeli è ultimamente rinata attraverso la recita
della Corona Angelica di Dio e di Maria Rosa Mistica diffusa in tutta
Italia e in parte in Europa grazie all’instancabile attività
dei gruppi di preghiera della Nuova Devozione Popolare, la quale partendo
da suggerimenti soprannaturali di veggenti e da apparizioni mariane,
diffonde quelle preghiere e quelle devozioni pressoché sconosciute
presso la maggior parte dei cristiani. Tra queste devozioni, una delle
più importanti, è l’invocazione ai sette arcangeli
tramite la Corona Angelica. Bibliografia
Antonio Norrito, Preghiere Miracolose dettate dal Signore e dalla Madonna
a santi e veggenti e le divine promesse, Nuova Devozione Popolare, Edizioni
Segno, 2003 Udine. C. Bernardi Solvetti, S. Maria degli Angeli alle
Terme e Antonio Lo Duca, edizioni Desclée & C. Editori Pontifici,
1965 Città di Castello.
Verga Francesco, S. Michele Arcangelo, promanoscritto 1991 Mongrando.
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